Enzo Varricchio
pubblicato su Realtà Forense, dicembre 2006

Bombardamento di Bari del 1943: dopo la medaglia il mistero resta

Nel 1996 l’unica inchiesta sulle bombe all’iprite, voluta dal giudice Bassi

La città di Bari ha visto riconosciuto dal Presidente della Repubblica l’eroico sacrificio dei suoi cittadini durante gli eventi del 1943. Giustizia è fatta alla memoria. Tuttavia, molti aspetti di quel tragico 2 dicembre, per tanto tempo rimasto ignoto ai libri di storia e ora tornato alla ribalta, restano oscuri.
Mille vittime militari e non meno di 200 vittime civili, sedici navi angloamericane affondate e un ponderoso carico di ordigni colato a picco, non sono stati motivo sufficiente a fare luce su questo misterioso episodio.
Un testimone oculare, il maggiore Glenn Infield, nel saggio pubblicato a New York nel 1971 dal titolo “Disaster at Bari”” lo definì “il più grave episodio di guerra chimica nel secondo conflitto mondiale”.
Per oltre mezzo secolo, “sull’intera vicenda le autorità militari e politiche imposero una censura così radicale, che non soltanto la presenza dell’iprite, ma lo stesso bombardamento tedesco fu cancellato dalla storia” (sono parole di G. Rochat, noto storico militare).
Ancor oggi permangono inquietanti interrogativi cui andrebbe data risposta dopo la concessione dell’onorificenza alla città.
Alcune verità sono ormai emerse nell’ultimo decennio, grazie allo strenuo sforzo dei ricercatori:
i tedeschi, grazie all’attività di spionaggio, vennero informati della presenza delle navi nel porto barese ma, soprattutto della natura del loro carico;
le navi angloamericane, tra le quali la portaerei John Harvey, trasportavano un ingente quantitativo di armi non convenzionali, tra le quali ovuli di iprite, il micidiale gas dall’odore di mostarda, vietato dalle convenzioni internazionali a causa degli effetti devastanti sull’uomo e sull’ambiente;
grazie ad un escamotage, gli aerei tedeschi riuscirono a confondere le postazioni radar e a sferrare l’attacco;
l’attacco fu caratterizzato da una precisione millimetrica: quasi tutte le navi furono affondate con il rispettivo carico di bombe;
Le bombe inesplose furono smaltite in mare per volontà degli americani, con pericoli incalcolabili a tutt’oggi presenti;
un numero imprecisato di baresi fu contaminato dalle esplosioni e riportò in seguito gravi danni;
da quel momento la censura militare, preoccupata delle ripercussioni sull’opinione pubblica, oppose il suo veto alla diffusione di notizie sull’accaduto;
nel primo e secondo dopoguerra numerose persone continuarono a manifestare i postumi di quella contaminazione, come registrato dall’Istituto di Medicina del Lavoro dell’Università di Bari (cfr. prefazione di G. Assennato e V.A. Leuzzi al libro di Infield);
si sono verificati casi di ripescaggio di ordigni da parte dei pescatori, con conseguenze nefaste.

Nel 1994 un ricercatore barese, Angelo Neve, durante una puntata del programma televisivo Combat Film, rivelò che gli ordigni all’iprite erano ancora sui fondali, paventando il deterioramento dei loro contenitori, con effetti devastanti per la salubrità della costa.
Nel 1996, l’allora procuratore aggiunto della Repubblica, Angelo Bassi, aprì un’inchiesta che è rimasta l’unica al riguardo, nonostante le interrogazioni parlamentari che seguirono. Grazie al suo lavoro e alle operazioni condotte dai reparti specializzati delle Forze Armate italiane, si intraprese un’operazione di bonifica del litorale tra Molfetta, Bari e Polignano (vi furono altri affondamenti lungo tutta la costa!), per la cui realizzazione furono stanziati 500 milioni delle vecchie lire, cifra davvero esigua rispetto a quella necessaria per la soluzione definitiva del problema.
Moltissime bombe furono ritrovate e disinnescate e il magistrato riuscì a addirittura a dimostrare che le stive delle navi affondate durante la guerra venivano ancora utilizzate come santabarbare dalla criminalità organizzata.
La Gazzetta del Mezzogiorno del 23 febbraio del 1996 intitolava cubitalmente: “L’ultimo SOS contro l’avanzata criminale viene dal Procuratore Bassi – Misteri e segreti in fondo al mare – Forse la malavita utilizza armi belliche”.
Dopo la prematura scomparsa di Angelo Bassi nel 1998, la questione è finita nel dimenticatoio ma pescatori, sommozzatori e studiosi sono pronti a giurare che le bombe all’iprite ci sono ancora.
Sarebbe, quindi, doveroso da parte del Governo, in occasione del riconoscimento tributato ai cittadini baresi, chiarire questo evento della storia nascosta, risarcendo la città del danno ambientale ed umano subito, le vittime civili o i loro eredi per le sofferenze patite, nonché organizzando una campagna di bonifica che sia risolutiva.
Bari, 19 settembre 2006
Enzo Varricchio

 

 

 

 

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